Il quattordicenne Kazuki, cresciuto in una famiglia assente, sovrappone realtà e videogame, sino a non distinguerne più il confine. Nel corso di una lite uccide il padre e ne nasconde il corpo, ma non vi sono più istruzioni per uscire dall'incubo.
Equivoci locali da gioco, giovani che si prostituiscono, famiglie spaccate, relazioni difficilissime: nella recente narrativa giapponese il quadro del Giappone di Yu Miri è tra i meno consolatori. Kazuki ha quattordici anni. E' figlio di un facoltoso proprietario di pachinko (un gioco simile al flipper) e cresce senza che nessuno si occupi di lui. La madre ha abbandonato la famiglia; il padre non è in grado di sviluppare affetti, il denaro è l'unico suo interesse. I fratelli, entrambi più grandi di lui, non gli sono d'aiuto: Koki soffre di una malattia che ne ha arrestato la crescita mentale e Miho, diciassette anni, trascorre la maggior parte del suo tempo a prostituirsi in cambio dei soldi per fare lo shopping. Anche con i suoi amici Kazuki riproduce lo stesso schema che crede domini la vita degli adulti: nessuno scambio di affetti, soltanto legami di potere. Così si avvolge sempre di più su se stesso e confonde la sua vita con quella virtuale dei video - giochi in cui tutto si risolve nel end - game. Il rapporto con il padre precipita. Durante una lite lo uccide e ne nasconde il cadavere. Kazuki perde ogni contatto con la realtà e la sua giovane esistenza va alla deriva. E' convinto che "tutte le cose si risolvono consultando i manuali", ma non riesce più a trovare le istruzioni per uscire dall'incubo. Con questo terribile apologo sull'adolescenza Yu Miri sembra vuole mettere in guardia la società contemporanea, non solo quella giapponese, dagli sviluppi imprevisti della tecnologia: la morale e la religione non riescono più a stare al passo. E alla generazione cresciuta nella realtà virtuale, dove il risultato di ogni azione è sempre chiaro e certo, nessuno è più in grado di indicare l'ambigua linea di confine tra il bene e il male.
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[...] La ragazza si sistemò dietro le orecchie una ciocca di
capelli tinti di marrone che le cadeva sulla guancia e
cominciò a mangiare i ramen, usando i bastoncini in modo
maldestro. Dopo aver finito tutte le fettuccine e i pezzi di
verdura, poggiò i bastoncini, prese la scodella con tutte e
due le mani, e sorseggiò rumorosamente il brodo. Dopo averlo
bevuto tutto, si accese una sigaretta. I ragazzi avevano tutti
lo sguardo rivolto in direzioni diverse, ma con la coda
dell’occhio la osservavano. Takuya e Kiyoshi trattenevano il
respiro, pensando che Reiji stesse aspettando l’istante adatto
a colpire la preda. Kazuki se ne stava appoggiato al muro e
cominciò a spostarsi verso la porta col sedere per terra senza
dare nell’occhio.
La ragazza fece cadere la cenere della sigaretta nella lattina
della Pepsi lasciata a metà. "A me capita spesso di berla con
tutta la sigaretta dentro. A voi no? Poi mi arriva la cicca in
bocca e la sputo," esclamò ridendo, ma dopo pochi secondi
chiuse la bocca. Con aria distratta e un po’ seccata schiacciò
la sigaretta nel posacenere. Poi infilò le dita nel pacchetto,
ma si accorse che non ne era rimasta neanche una.
"Vanno bene le Caster?" fece Reiji, tirando fuori dalla tasca
le sigarette. La ragazza si infilò in silenzio le mani tra le
ginocchia e cominciò a torcere le dita. Quando stava seduta in
treno con la minigonna e accavallava le gambe, la piacevole
sensazione degli sguardi degli uomini che le arrivavano fino
all’inguine la inebriava. Ma trovarsi chiusa in quella stanza
con quattro ragazzi, aveva cominciato ad allarmarla e la
sensazione di essere in pericolo aveva raggiunto in quel
momento il suo apice. Si pentì di non essere tornata a casa
dopo il karaoke.
"Devo andare," fece tirandosi giù l’orlo della gonna. "Ciao!"
Prese la cartella della scuola e si alzò. Si avviò verso la
porta, ma Reiji le fece lo sgambetto. Lei perse l’equilibrio e
cadde. "Ma che fai?" urlò e quasi nello stesso istante Takuya
e Kiyoshi le bloccarono mani e gambe. Reiji si mise a
cavalcioni su di lei, le tirò su la giacca dell’uniforme
scolastica stile marinara e le mise le mani sul reggiseno. Lei
lo graffiò con le sue lunghe unghie, cercando di liberarsi dal
suo braccio. Cominciò a scuotere le gambe. I ragazzi la
tenevano completamente bloccata e con la bocca tappata, ma lei
continuava a contorcersi e dimenarsi con tutte le sue forze.
Con gli occhi spalancati continuava a scuotere la testa.
"Vai!" urlò Reiji fissando con sguardo truce Kiyoshi. Questi,
in preda all’agitazione, tolse le mani dai piedi della ragazza
e si abbassò la lampo dei pantaloni, mentre Takuya le
abbassava le mutandine fino alle caviglie e le faceva
spalancare la gambe. Kiyoshi si strinse tra le mani il pene e
cercò di infilarlo dentro di lei, ma un po’ perché non gli si
era drizzato completamente e un po’ perché la vagina della
ragazza non era bagnata, non riusciva a farlo entrare.
"Mettici lo sputo sopra!" gridò Reiji con voce aspra. Kiyoshi
si sputò sulle mani, strofinò la saliva sulla punta del pene e
lo fece penetrare con decisione dentro. Ogni volta che entrava
dentro di lei, Kiyoshi faceva forza con tutto il peso del
corpo e muoveva violentemente i fianchi avanti e indietro.
Alla fine emise un gemito, si accasciò su di lei e fece un
profondo respiro.
La ragazza, stremata, aveva gli occhi cerchiati dal nero del
mascara, colato giù insieme alle lacrime. Kazuki fissò quel
viso senza riuscire più a distogliere lo sguardo da lei. Le
lacrime le scendevano a fiotti dagli angoli degli occhi. Non
singhiozzava, né piangeva convulsamente, le cadevano solo giù,
ininterrottamente, le lacrime. Di tanto in tanto emetteva un
profondo respiro e il petto le si alzava e abbassava
violentemente. Takuya le fece sfilare la giacca, le slacciò il
reggiseno e le scese giù la gonna, facendola rimanere
completamente nuda. Poi le afferrò i seni, ci conficcò dentro
le unghie e glieli strinse con tale forza da farli quasi
spappolare. Lei serrò le labbra senza emettere neanche un
respiro. Reiji le allargò le ginocchia da dietro e le infilò
più volte l’indice nella vagina. La ragazza si sentì le cosce
bagnate di sperma.
"Perché non la prendi da dietro?" fece Reiji a Takuya che si
era abbassato i pantaloni e i boxer fino a sotto il sedere. La
prese per i capelli e la trascinò sopra al letto.
Takuya la prese per i fianchi con tutte e due le mani e la
sollevò verso l’alto. Le molle del letto cigolavano e i suoi
seni avevano cominciato a ondeggiare. La ragazza sembrava
voler stringere i denti ma, man mano che Takuya muoveva i
fianchi su di lei sempre più forte, il suo respiro ansimante
si trasformò in un gemito.
Kazuki guardava la scena intontito. Tutti i sensi gli si erano
come intorpiditi e non riusciva a rendersi conto chiaramente
di che cosa stesse vedendo e sentendo. Il desiderio di
andarsene via da lì si trasformò in ribrezzo e in avversione
per la ragazza che stava lì davanti a lui. Gli venne quasi da
vomitare.
Quando Takuya ebbe finito, fu Reiji a mettersi sopra di lei.
Cominciò a muovere i fianchi su e giù. "Io la faccio godere
più di tutti voi. Guardate! Per la miseria, come si è
bagnata!" ansimò, muovendo sempre più forte il bacino. Poi
inarcò la schiena all’indietro, tirò subito fuori il pene e
fece schizzare lo sperma sulla sua pancia.
"Chi ci sa fare davvero, non viene mai quando è dentro!" Reiji
si mise in bocca una sigaretta, la accese, e si rivestì
immediatamente. Anche Takuya e Kiyoshi si infilarono in tutta
fretta i pantaloni e la camicia, come se qualcuno avesse dato
loro un pizzicotto.
"Questa è andata proprio fuori di testa, ma la si può fottere
ancora," fece Reiji guardando Kazuki.
"A furia di guardare, sono venuto un momento fa," rispose
Kazuki strofinando le ginocchia tra loro con la voce più
piagnucolosa di questo mondo.
Nella stanza ristagnava un’aria priva di vita, intrisa
dell’odore di sudore e di sperma. I ragazzi avvertivano nel
corpo nudo di lei una sensazione di sporco, se non di oscenità
e, come per non essere investiti dagli schizzi di quel
sudiciume, si erano allontanati dal letto e si erano
appoggiati al muro.
"Abbiamo finito, cretina! Sbrigati a rivestirti!" Reiji prese
il reggiseno con le dita del piede e glielo tirò in faccia.
La ragazza si alzò, appoggiandosi sulle mani e sulle
ginocchia. Poi chiuse le mani e le mise sulle palpebre.
Avvicinò a sé l’uniforme scolastica come fosse cieca e
facendosi schermo solo con la propria schiena nascose con quei
vestiti il corpo intriso del sudore, della saliva e dello
sperma di quei tre. Riecheggiò nella stanza il rumore
discontinuo di una zip che si chiudeva. La ragazza si passò
sui capelli una mano che le tremava sempre più forte. Cercò di
alzarsi, ma le sfuggì un gemito tra i denti e si schiacciò il
ventre con le mani. Per alcuni minuti rimase così
accovacciata, senza muoversi. Poi infilò la gamba sinistra
nelle mutandine attorcigliate intorno alla caviglia destra, se
le tirò su e si alzò barcollando. Spinse la porta e uscì dalla
stanza. Reggendosi al muro con una mano, scese lentamente le
scale come se volesse controllare ogni passo.
Al cigolio delle scale, i ragazzi avvertirono una stretta al
cuore e finché non sentirono chiudersi la porta d’ingresso,
furono incapaci di fare un solo movimento. L’aria calda che
usciva dal condizionatore si era fusa al respiro dei ragazzi,
all’odore dei loro corpi e del sudore. Reiji lo spense col
telecomando e con la manica della camicia si asciugò la fronte
sudata. "Che caldo!" esclamò con un breve grido, si tolse la
camicia come se volesse strapparsela di dosso e si asciugò la
schiena e le ascelle. Si infilò le mani nella tasca posteriore
e tirò fuori una Caster. Kiyoshi, senza che Reiji glielo
avesse neanche chiesto, gliela accese con un accendino Zippo.
"Va bene che ce la siamo scopata, ma con una mocciosa del
genere! Se non è una donna di più di vent’anni, sembra di non
averlo fatto!" fece Reiji mentre si gettava sul letto con la
sigaretta in bocca.
"E questi?" esclamò Kiyoshi prendendo tra le dita i calzettoni
rimasti arrotolati alle lenzuola e sventolandoli sulla testa
di Reiji.
"Smettila di fare lo spiritoso!" Reiji scostò i calzettoni e
assestò un calcio nel sedere di Kiyoshi. Poi, per non far
notare agli altri tre l’angoscia che gli traspariva dal viso,
si accese un’altra sigaretta.
Prese una lattina di birra, la aprì e sorseggiò la schiuma che
era fuoriuscita. "Ma è calda!" esclamò, sputandola nel
posacenere.
"Ci potrebbe anche denunciare," disse Kazuki senza distogliere
lo sguardo dai calzettoni.
"Ma no che non ci denuncia!" Reiji si pulì la schiuma sul
mento col dorso della mano.
L’angoscia assalì tutti e quattro: era come se il silenzio
rendesse la luce della stanza così fioca da impedire loro di
guardarsi in faccia l’un l’altro. Si sentivano come rinchiusi
in una stanza che a poco a poco si sarebbe dissolta nel nulla.
"Sapete, io le ho eiaculato dentro," si lasciò sfuggire Takuya
che non riusciva più a sopportare quell’angoscia.
"Anch’io," fece Kiyoshi che aveva cominciato di nuovo a sudare
dalla paura e due grosse gocce gli erano rimaste attaccate
alla punta del naso. "Se rimane incinta, i genitori lo
scopriranno. Ci siamo cacciati proprio in un bel guaio!"
"Ma la prenderà la pillola! È una che fa enjo kosai e ogni
giorno va a letto con qualche vecchio matusa, ve lo dico io."
La voce di Reiji sembrava accarezzare le guance degli altri
tre.
"Ci arresteranno e finiremo sui giornali, in televisione,"
esclamò Kiyoshi tutto agitato.
"Non ci finiremo sui giornali. Secondo la legge sui minori, è
vietato mostrare la faccia o il nome dei ragazzi. E poi non ci
denuncerà, secondo me ha goduto molto anche lei. Sono sicuro
al cento per cento che non lo farà, ne sono sicurissimo."
Reiji si trattenne dal picchiarlo e mise un braccio intorno
alle spalle di Kiyoshi.
Kazuki ripercorse nella mente, come in un flash-back, tutto
quello che era accaduto nella stanza. La paura gli si scrollò
di dosso e tutto gli apparve ben delineato.
"Io non ho fatto niente, ho solo assistito," mormorò Kazuki,
sollevato e guardando con freddezza i tre amici.
"Avremmo fatto meglio a fare delle fotografie," borbottò
Reiji, con una voce così cupa da far venire i brividi.
"E perché?" chiese Kiyoshi e, dopo aver lanciato un’occhiata a
Reiji, abbassò subito lo sguardo.
"Così se parla, possiamo minacciarla dicendo che mostriamo le
foto in giro," Reiji ignorò Kiyoshi e si mise a osservare la
faccia di Kazuki. Aveva uno strano sguardo da adulto,
inespressivo e spietato dal quale istintivamente Reiji
allontanò subito gli occhi.
"Se sarà necessario, mio padre conosce un sacco di persone
importanti e forse può avere influenza anche ai livelli alti
della polizia," fece Kazuki, alzandosi in piedi con aria
seccata.
Reiji fece una smorfia col naso per darsi un contegno e lanciò
uno sguardo irritato a Takuya e Kiyoshi. "Yuminaga ha cercato
di fermarci," disse, "ma noi non gli abbiamo dato retta e ce
la siamo scopata. Facciamo così, deciso!"
Sulle facce di Takuya e Kiyoshi apparve la smorfia indefinita
di chi ride per camuffare la propria angoscia, ma anche di chi
da quella stessa angoscia è totalmente sopraffatto.
"Ma non succederà, nessuno va dalla polizia dopo essere stato
stuprato!" esclamò Reiji con una risata nervosa e anche con
una certa agitazione. "Se ci denunciano diremo che siamo stati
noi tre. Se la polizia ci farà domande diremo che Yuminaga non
c’era." Poi con sguardo furbo fece un cenno a Takuya e Kiyoshi
e quelli annuirono con decisione e con aria seria. "Yuminaga,
ma tu, dove diavolo possiamo dire che stavi?" fece Reiji
parlando in falsetto a voce molto alta. Poi abbracciò Kazuki e
gli premette il pollice all’altezza della bocca dello stomaco.
[...]
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